La tomba di sabbia nell’esilio del Sahel

L’hanno scavata in nove con le pale in dotazione al cimitero di mattina presto. Il tempo di arrivare col taxi dopo aver annaspato a lungo prima di trovare i soldi della corsa di andata e ritorno. Lunga e profonda a sufficienza per custodire il feretro di compensato rafforzato da listelli incrociati senza scopo. Una tomba scavata nella sabbia nel nuovo cimetero cristiano di Niamey che non fa storie per ricevere i migranti. Non gli costa nulla dare loro un posto democratico accanto ai cittadini ordinari. Boby è nato da quarant’anni in Liberia nel mentre della guerra senza fine. Una vita fuggendo la guerra con la guerra che fugge la vita appena possibile. Finisce infine martedì scorso nella tomba di sabbia senza visto d’ingresso e permesso di soggiorno.Una tomba squadrata e profonda quanto basta per contenere nel grembo sabbioso il corpo di Boby deposto con cura nel feretro costruito per l’occasione dal falegname. Era rimasto in cella frigorifera per tre giorni, domenica compresa. Hanno lavato il corpo innaffiandolo neanche fosse l’ultimo fiore dell’anno prima di fargli indossare un vestito stirato per la circostanza. La maglietta solo deposta sul petto.

Prima di lui hanno pulito e poi arrotolato in una stuoia il corpo quasi pallido di un bimbo senza età. Il padre lo ha stretto tra le braccia e portato lontano, fino al cimero musulmano dall’altra parte della città. Dopo di che hanno deposto a fatica il corpo di Boby nel feretro di compensato rafforzato da listelli. I chiodi erano pronti per chiudere il coperchio dopo aver gettato l’ultimo sguardo al compagno appena partito dall’esilio all’altra terra. Latte e miele scorrono senza soluzione di continuità e l’acqua scivola cantando tra le rocce della foresta trasformata in giardino a seconda dei giorni e delle stagioni. Nella tradizione locale musulmana solo gli uomini hanno il diritto di stare accanto ai corpi dei defunti e di accompagnarli per la sepoltura. Alle donne va la nascita e agli uomini spetta di diritto la morte, almeno finora visto che la storia è fatta di guerre e di nascite occasionali. Il fetretro portato dagli amici fino al camioncino pronto per il trasporto col vigile a fermare il traffico davanti alla porta d’uscita dell’obitorio. Le luci lampeggiano nel viaggio e i veicoli che si incrociano dalla parte opposta si fermano per tradizione ormai consolidata di solidarietà tra viventi.

Quarant’anni di deserto e nessuna terra all’orizzonte. Il destino di Boby si è scritto su sentieri smemorati e piste carovaniere cladestine per aggirare i controlli della polizia di frontiera. Il Giordano e il Niger sono gli unici fiumi che ha attaversato forse senza saperlo e più nessuno fa cadere le mura della città di Gerico che circonda l’occidente. L’acqua per dissetare la sabbia della tomba e la preghiera di addio della moglie di Boby il cui nome significa ‘Gemella’, SIM, nella lingua della sua gente. Lei ha lasciato due figli in patria anni fa, prima di partire e uno di loro si è stancato di aspettare il suo ritorno di madre. Di lui ricorda il viaggio di ritorno e, ora di lui porta la traccia nella carne di donna e provvisoria sposa. Il test del sangue l’ha confermata positiva. Annuisce in silenzio come se tutto ciò fosse stato noto da tempo. Poi gli stessi che hanno scavato riempiono la buca di terra. Ha cominciato lei col buttare una manciata di sabbia che ha solo sfiorato il feretro facendo vibrare il silenzio dell’esilio. Prima di partire c’è chi pianta nella sabbia un ramo secco senza spine. Fiorirà la prossima stagione delle pioggie, a forma di croce.

 

                                                                                                mauro armanino, niamey, febbraio 017