Memorie pericolose: le chiese bruciate nel Niger

Si trovano nel cortile interno della cattedrale di Niamey. Una statua carbonizzata di scultore avoriano. Una croce spezzata e un calice deformato dal calore. Tutto attorno la cenere ormai solidificata dal vento del deserto. E’ tutto quanto rimane degli avvenimenti che esattamente due anni or sono hanno segnato un tornante nelle relazioni con la società nigerina.

Il contesto era complicato dalle note vicende dei giornalisti uccisi di Charlie Hebdo in Francia e soprattutto per la frase del presidente Mamadou Issoufou…’je suis charlie’, io sono charlie. La partecipazione alla marcia montata di fretta da François Hollande a Parigi, col vescovo di Niamey e l’Iman della Grande Moschea della città, avevano completato il resto.

Il tutto si era inserito in un contesto locale di animosità tra maggioranza e opposizione e in un crescente impatto di movimenti islamici fondamentalisti. Questi ultimi sono in rapida crescita nel Niger. Le scuole coraniche sono più numerose delle scuole di stato e il processo si intensifica coi finanziamenti di alcuni stati arabi del Golfo. L’università e la classe intelletuale in genere è da tempo scomparsa dalla scena o comprata al mercato del potere.

Gli elementi dunque c’erano tutti perché accadesse quanto nessuno si aspettava. Morti, chiese e scuole bruciate, assedio dei cristiani a Zinder, la prima capitale del paese. E soprattutto la paura che quanto accaduto potesse tornare a ripetersi. Le memorie sono pericolose quando si chiamano per nome e resistono alla cancellazione del ‘politicamente corretto’. Dopo due anni non si nulla dei mandanti di una mattinata pianificata da tempo. L’occidente in generale e la Francia in particolare è appena sopportata dai nigerini,  grazie anche ai soldi e alla ‘cooperazione’bilaterale.

Il Niger è ormai una base militare per francesi, americani e tra non molto tedeschi. In aggiunta si tenta di bloccare il transito dei migranti di questa terra di mezzo. In cambio di soldi, il mercimonio si conferma gradualmente con soddisfazione di tutti. I politici e l’indotto che dai politici e militari attinge il sostentamento. Circondato da commercianti, truffatori, mercanti di vite umane e spietati finanzieri della povertà del Sahel. Tutti uniti nello smantellamento del minimo comune denominatore della civiltà insabbiata delle piste carovaniere.

Dopo gennaio 2015 ci sono state centinaia di morti ad opera di Boko Haram, decine di migliaia di rifugiati e sfollati, tutta una regione in vendita (all’Arabia Saudita) presso il lago Tchad. Per questo la memoria è pericolosa per tutti. Ci si dimenticherà dei morti, delle sofferenze acccumulate da anni di repressione, di incarcerati senza giudizio, dei decessi per la meningite e infine per l’incapacità a uscire dalla cronica mendicanza fatta sistema. Sono passati due anni da allora. Le cicatrici sono state cancellate, le chiese rifatte, i muri di cinta rialzati e l’impunità ha trionfato. Nel cortile interno della cattedrale la cenere si è indurita a causa del vento. Accanto alla statua carbonizzato hanno deposto un mazzo di fiori di plastica.

                                                                                          mauro armanino, niamey, 17 gennaio 2017