Il silenzio dei buoni e le complicità nel Sahel

 

Lo scriveva il giornalista Norbert Zongo del Burkina Faso. Fu assassinato il 13 dicembre del 1998 a un centinaio di kilometri dalla capitale. Quello che più temeva non era la cattiveria dei malvagi ma  il silenzio dei buoni. Lui era il direttore del settimanale 'l'Indipendente'. Aveva chiamato i suoi compatrioti a impegnarsi, a esprimersi, a contestare les decisioni arbitrarie, a combattere l'ingiustizia. Aveva invitato la gente ad aprire gli occhi sulla realtà per meglio cambiarla.

E' bastato un giorno per far vacillare un regime che offriva garanzie illimitate di stabilità ai creditori. Quel 13 di dicembre, giorno del ritrovamento del suo corpo carbonizzato, rimase scritto nella memoria collettiva del popolo. Cominciarono a circolare scritti liberi e per qualche giorno il popolo liberò la parola prigioniera. E' bastato un giorno, la morte di Norbert Zongo e dei suoi tre amici per far vacillare un sistema. Sarebbe poi crollato in una piazza nel novembre del 2014.

 

La storia recente del Sahel comincia non troppo lontano. La guerra in Algeria, in Irak, in Afghanistan, in Libia e infine nel Mali. I buoni tacquero per complicità criminali. Ci sono sottili  fili perversi che legano tra loro queste guerre. Di occupazione, di ritorsione, di vendetta e soprattutto di interessi. I buoni si misero in silenzio. Fece eccezione qualche sporadica e inascoltata voce come quella di Giovanni Paolo II. Nessuno notava la cattiveria dei malvagi quanto il silenzio dei buoni. Nel Mali si era permesso e facilitato che il nord del Paese diventasse un luogo di lucrosi affari illeciti. Cocaina, armi, sigarette, tratta di essere umani e mercenari. Questo e altro nel contesto di rapimenti, estorsioni, sfruttamenti di risorse e politiche di aggiustamento strutturale. Nel Niger e altrove il silenzio dei buoni è stato assordante. Quando gruppi armati sedicenti 'islamisti' hanno occupato il nord del Mali non c'è stata neppure una dichiarazione. Ha vinto la paura di sempre.

 

Le morti coi droni non sono meno cruente di quelle con altre matrici. Poche e deludenti le voci contrarie. Anzi buona parte degli Stati se li stanno procacciando. Una guerra senza perdite (amiche) è stato l'ideale mai perseguito e oggi reso possibile. Che crescano le spese per gli armamenti e che sembra sia la guerra l'unica politica non scomoda nessuno. Tacciono i buoni mentre si distruggono le chiese di Zinder e di Niamey. Tutti zitti quando a Niamey bruciano Florence madre di due figli. Si tace quando per anni in Nigeria si saccheggia il delta del Niger. Nello stesso Paese Boko Haram rapisce, uccide, distrugge vite e beni e non si dice nulla. Si è muti quando le costituzioni vengono svilite,violentate e tradite. Complicità mute che assicurano la garanzia di continuità politica. Hanno fatto silenzio i politici, i responsabili religiosi, gli operatori economici e le istituzioni umanitarie. Dal primo silenzio nasce tutto. Quello ne inventa altri fino a formare il muro dell'omertà.

 

La cosa peggione non è la cattiveria dei malvagi. Quelli cambiano a seconda della politica. I malvagi di oggi sono gli eroi di domani. E' solo del silenzio dei buoni che c'è da preoccuparsi. Si tace sui 30 mila migranti morti in questi anni tra le due rive del mare. Si fa finta di nulla quando si discrimina il povero e la fede che lo accompagna. Si gira il volto dall'altra parte quando la legge e i diritti cambiano a seconda dell'identità. Si rimane passivi quando la violenza del forte si esercita sul debole. Non si reagisce quando la menzogna riveste l'abito della convenienza. Ci si sottomette quando chi non ha nulla da dire prenda la parola. Ci si nasconde quando la parola è l'unica sovversione possibile. Ci si arrende senza condizioni all'impero del denaro. Ci si preoccupa dell'inutile e si insegue la vanità. Si svendono i poveri in cambio di tranquillità. Si baratta il futuro per un piatto di vuoto presente. Nella vita non c'è nulla di peggio che il silenzio dei buoni.

 

                                                          

                                                                    mauro armanino, niamey, febbraio 015