Le Macchine Migranti di Niamey

La guerra contro Gheddafi ha distrutto il paese e ha fatto scappare anche lui. Issa e altre migliaia di migranti nigerini che in Libia trovavano lavoro. Potevano mettere da parte i soldi per la famiglia. Tra una stagione e l'altra l'America non era lontano. Appena oltre la frontiera che il deserto si diverte a modificare con la sabbia. Issa e gli altri erano tornati in volo privato dell'OIM. L'Ufficio delle Migrazioni Internazionali. I bagagli mandati dal Cairo non arrivavano mai. Issa ha potuto ricuperare solo la metà della borsa. Da allora cerca un lavoro che non si trova.  Imbianchino, muratore, rigattiere, imprenditore, disoccupato da quattro anni. Si sposa con una fidanzata d'occasione. Quella ufficiale si era stancata di aspettare il tempo nuziale. Per non sentirsi inutile e sorpassato dalle circostanze ha una bimba di nome Rania. Ricca e nobile come senza regno stabile. Il battesimo del nome della figlia è stata l'unica festa da quando è tornato dalla Libia.

 

Niamey circola in taxi per 200 franchi la corsa. Quelli a testa rossa sono numerosi, invadenti, essenziali e ignari del codice stradale. Si contano a migliaia in una capitale che cresce ogni giorno di più. Gli altri sono chiamati ‘Talladje’, che significa baobab nella lingua fufulde. Sono oltre 300 e trasportano circa 120 mila passeggeri al giorno. In netta crescita sono i Faba- Faba che, più economici, domandano capacità fisiche non alla portata di tutti. La lotta comincia alla fermata, continua durante il viaggio e non termina all’arrivo. Le persone più anziane, quelle gracili e poco intraprendenti devono aspettare il prossimo giro. Una qualche raccomandazione non scritta favorisce le donne incinte e quelle avvenenti. Senza destare sospetto passano le corriere delle ‘Opere Universitarie’e variopinti bus del comune di Niamey. Per questo motivo Issa ha pensato di diventare prossimo tassista nella città di Niamey. E’ partito fino al porto di Cotonou nel Benin.

 

Lomé nel Togo, Douala del Cameroun, Lagos in Nigeria, Libreville del Gabon non resistono al porto di Cotonou. Le macchine usate, scartate, vendute e rubate partono per buona parte da Anversa. Da 3 a 4 milioni di macchine ogni anno.  Fanno assieme il viaggio stoccate per migliaia in containers. Possono vantare varie nazionalità. Belga, tedesca, francese e financo italiana. Le chiamano con nomi d’arte. ‘Venus’ de France o allora ‘France au revoir’. Macchine migranti ‘venute’ o ‘arrivederci Francia’. Buona parte dei rivenditori sono libanesi. Loro hanno ereditato il commercio col latte materno. Si presume che sbarchino ogni anno 450 mila unità. Dai 1 200 E in Europa si passa a circa 3 800 in questa sponda dell’Africa occidentale. Altre macchine di origine giapponese migrano attraverso il porto di Mombasa in Kenia. Quelle invendute vengono smontate da esperti ferraioli indiani. Le parti utili sono rifuse in India o Pakistan e diventano nuove macchine.

 

Issa ha trovato la sua macchina a Cotonou. Una volkswagen uscita trafelata dal container in attesa di acquirenti nel porto. Si è indebitato con la maggior parte di amici, parenti e conoscenti di Niamey. Con qualche difficoltà ha sdoganato l’auto. Con raccomandazioni pagate ha ottenuto i documenti necessari per il ritorno. Il viaggio dal Benin al Niger potrebbe essere una formalità. Ma è senza contare coi doganieri, che sono esattori di tasse  travestiti. E con gli altri briganti di professione. Profittano della notte e delle località isolate per assaltare la diligenza. A Issa non rimanevano che 4 pneumatici di scorta nuovi di seconda mano. Minacciato col coltello ha giurato sugli antenati che non aveva più un soldo. Per sua fortuna si avvicinava la scorta armata che li ha fatti fuggire. Arrivato all’entrata di Niamey Issa ha parcheggiato l’auto alla dogana. Una legge obbliga i proprietari di auto migranti al pagamento di una sovratassa. I soldi di Issa sono finiti.

 

La libertà delle merci è illimitata. Quella delle macchine migranti lo prova. Arrivano a milioni e dalla costa viaggiano all’interno. Il Mali, il Burkina Faso e il Niger. Altre, più sofisticate,  arrivano dal deserto libico o algerino. Agadez ospita anche fuoristrada migranti. Funzionano quanto basta per apparire civilizzati o semplicemente per sbarcare il lunario. Le macchine migranti si cammuffano da camion quando occorre. Giurano di dire sempre la verità.

 

                                                                                    mauro armanino, niamey, settembre 014