Nel cielo del Niger tra droni e sogni

Alcuni si chiamano predatori e altri invece mietitori. Predano dove non hanno seminato. Sono i nomi dei droni che volano senza una destinazione. Sorvegliano i poveri del Sahel e i terroristi che lo destabilizzano. Questi ultimi usano le armi distribuite a suo tempo per combatterli . Il cielo del Niger è solcato da sofisticati velivoli che spiano i movimenti sospetti. Sembrano cicogne in cerca di comignoli su cui posarsi. I francesi stazionano i loro droni a Niamey. Gli americani li parcheggiano al nord di Agadez. E’ da lì che passano buona parte dei migranti che il ‘mare nostro’ battezza e poi si dimentica dei nomi. Droni e migranti che si ignorano come dune tra le sabbie del deserto. Quando i sentieri sono interrotti si torna indietro. E’quello che ha fatto oggi Verdiane, camerunese di origine controllata. La sorveglianza della polizia ha sostituito quella dei droni. Nel cielo del Niger c’è posto per tutti. Anche per l’aereo presidenziale.

 

Come François Hollande il Presidente è membro dell’internazionale socialista. Sembra conseguente mettere in cantiere l’acquisto di un aereo presidenziale. 21 miliardi di franchi più 7 miliardi per costruire il capannone. Fanno in tutto 40 milioni di euro. Al cielo del Niger non rimane che stare a guardare. Nel paese sono migliaia le persone colpite dalle inondazioni. Oltre la metà della popolazione nigerina è al di sotto la soglia della povertà. Nulla di meglio che facilitare i viaggi del Presidente. Forse dall’alto la miseria prende un’altra forma. La stessa che ha portato la radio popolare di marciapiede a definirlo ‘Rimbo’. Il Presidente che porta il nome di una ben nota compagnia di trasporti di Niamey. L’aereo sarà disponibile fra tre mesi. La spesa per l’acquisto del velivolo  è stata tolta dal bilancio riservato alla ‘difesa’. Che ci si difenda dai poveri non è in sè una novità. Le agenzie umanitarie lo sanno. Confezionano progetti che rinnovano la povertà.  

 

Volano anch’essi nel cielo del Niger. Si apparentano a droni e portano nomi improbabili. Assomigliano a mongolfiere che pedinano le correnti dei venti. Cambiano di intensità col passare degli anni. Risorgono dalle ceneri e si rimettono a volare. Sono i sogni migranti che i droni ancora non controllano. Scivolano tra le difese militari, i fili spinati e i sacchi di sabbia indurita. Passano inosservati tra i posti di blocco dei doganieri. Le misure di prevenzione della febbre emorrragica non li ferma. Migrano come uccelli che il mare seduce in lontananza. Rincorrono sogni perduti e collezionano quelli traditi. Rappezzano quelli sgualciti e si prendono cura di quelli feriti. I sogni migranti si perdono ancora prima di arrivare. Quelli smarriti chiedono la direzione a chi sa dove andare. Non si accettano sogni a pagamento. Il cielo del Niger è pieno di sogni abbandonati e ritrovati da altri. Tradito da commercianti e rivenditori di miraggi. Ad ogni giorno il suo sogno.

 

Il primo di questo mese lo ha portato Huguette il cui marito è gia in Italia. Sogna di raggiungerlo una notte d’estate. Quello di Tony è più semplice. Sogna che suo padre in Sierra Leone sia ancora vivo per raccontargli del viaggio. Jones gioca al calcio e il suo sogno si è fermato a Niamey. Kobenan non vede sua figlia da tre anni e dice che l’ha sognata mentre dormiva. Carine ha una figlia di nome Brise. Come la brezza leggera del mattino. Sparisce senza lasciare traccia. Prince vorrebbe tornare in Liberia poi cambia idea e nome. Alvin da quando non gioca fa il muratore. Julius in cambio gioca perché altro non gli rimane. Wollo sa cucinare e sogna un ristorante cinese dopo che in Libia la guerra lo ha cacciato. Kamara fa la collezione di timbi sul passaporto. Riconosce di aver mentito per continuare il viaggio. Il sogno di Daniel è quello di piastrellare il cielo coi colori di stagione. Quello di Smith è di curarsi gli occhi per cambiare il mondo.

 

Gli altri sogni arrivano senza annunciarsi e alla spicciolata. Moses sogna un mare da dividere. Michel arriva col camion e telefona alla sua famiglia perché gli mandino i soldi per tornare. Sissoko passa per ringraziare e sogna di riparare macchine inesistenti. Emmanuel dorme alla stazione e i suoi sogni sono partiti prima di lui. Benjamin fa il falegname mentre a Niamey si lavora solo col ferro. David è ferito dai briganti che lo hanno spogliato di tutto. E’ arrivato con un sogno addosso.

 

                                                                     mauro armanino, niamey, agosto 2014